Intervista a Kurt Volker, il prossimo
ambasciatore Usa alla Nato: «Tra i democratici e McCain solo differenze
di tono. Russia irresponsabile sul Kosovo»

Fino
alla guerra fredda, ma anche durante gli anni '90, Europa e Balcani
erano centrali. Dopo l'11 settembre, l'agenda di Usa e Ue riguarda il
mondo, non le nostre reciproche relazioni. Questo non vuol dire che nei
precedenti ottant'anni avessimo finito il lavoro. Non eravamo riusciti
a stabilire la democrazia nei Balcani e nel Caucaso, ad esempio. Ora
abbiamo davanti un'era diversa, in cui anche il Kosovo sarà un problema
centrale. Fortunatamente possiamo contare sull'appoggio dei cittadini
americani, che sostengono la nostra politica estera salvo alcuni
problemi sull'immmigrazione e sulla guerra in Iraq.
Obama ha messo il ritiro delle truppe dall'Iraq tra le priorità della sua campagna, e lo stesso ha fatto Hillary Clinton. Non crede che se uno dei due verrà eletto presidente la politica estera americana cambierà?
Non credo che Obama e Clinton possano realmente affermare che lasceranno l'Iraq. Tra McCain e Obama c'è semplicemente una differenza di tono: entrambi promettono che la strategia sarà rivista. Inoltre, ormai i cittadini americani non sembrano essere particolarmente interessati ai destini della guerra in Iraq.
Come vanno le relazioni con la Russia? Avete avuto alcuni problemi sul progetto di «scudo spaziale» e anche sulla questione del Kosovo...
Lo scudo spaziale nella Repubblica Ceca non riguarda la Russia. Per intercettare i missili provenienti dal Medio oriente non si può far altro che costruire un sistema missilistico che attraversi la Repubblica Ceca e una parte della Polonia entro i prossimi cinque o sei anni. Sul Kosovo, la Russia ha avuto un comportamento irresponsabile. Con loro abbiamo avuto problemi su questo e altri temi, ma non siamo interessati a scontrarci.
Dunque per il Kosovo l'unica strada è l'indipendenza?
Non possiamo restituirlo alla Serbia, se non a costo di nuove violenze, e non possiamo amministrare l'area in modo perpetuo. Non resta che l'indipendenza.
Non crede che sia proprio l'«aggressività» della politica estera americana a creare problemi nelle relazioni con l'Europa?
Se dovessimo sempre aspettare il consenso del mondo, non accadrebbe mai nulla. Cerchiamo il consenso, ma siamo disposti a fare da soli e questa scelta ci porta ad essere apprezzati dai nostri cittadini. Chiaramente abbiamo alcune questioni aperte, in particolare su Palestina, Iraq, Guantanamo e il tema dei cambiamenti climatici. Sono questi i temi che ci fanno apparire i «cattivi» agli occhi del mondo, anche quando i fatti sembrerebbero dimostrare che abbiamo ragione. Sul tema dell'inquinamento, ad esempio, abbiamo rifiutato il protocollo di Kyoto e non siamo interessati ad altri accordi internazionali che rischiano di non risolvere il problema. Ma nel 2007, la crescita economica Usa e' stata del 2,9% e l'aumento delle emissioni solo dell'1,5%. Eppoi da tempo abbiamo deciso di chiudere il carcere di Guantanamo, se non ci siamo riusciti è perché nessuno sembra rivolere indietro i prigionieri.
tratto da Il Manifesto del 14 febbraio 2008
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